Cosa significa la sigla “UCITS” in un ETF e quali sono i suoi vantaggi

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Se vi siete da poco approcciati al mondo degli investimenti e degli ETF, di sicuro vi sarete già imbattuti in certe complicatissime sigle che appaiono sul nome dell’ETF stesso. Alcune di esse sono un po’ più intuitive, altre meno. Oggi parleremo degli ETF UCITS anche detti “armonizzati”: termine che, quasi sempre, è presente nel nome dello strumento da voi scelto, soprattutto se questo viene quotato in Italia o in Europa. Vediamo dunque di cosa si tratta e perché questa sigla è così importante.

Cosa significa ETF UCITS?

Il termine “UCITS” sta per “Undertakings for the Collective Investment of Transferable Securitiesv, ossia “organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM in italiano)”. Questo termine rappresenta un vero e proprio marchio di qualità. Significa che il fondo segue tutte le regole di quotazione previste dall’Unione Europea. Regole istituite per proteggere gli investitori da attività fraudolente e informazioni poco trasparenti.

Questo tipo di ETF, dunque, deve necessariamente riportare l’indicazione “UCITS” nel nome del fondo stesso. In questo modo, è possibile individuare facilmente i fondi soggetti al quadro normativo europeo.

Un fondo conforme agli UCITS può essere comprato e venduto da tutti gli investitori privati e non, in quanto aderisce a standard comuni di gestione del rischio.

In particolare, la normativa prevede due principi fondamentali:

  • Il principio della migliore esecuzione, che prevede che i broker facciano ottenere ai propri clienti la migliore esecuzione disponibile per i loro ordini;
  • Il principio della protezione degli investitori, secondo il quale gli investitori devono essere protetti da pratiche poco chiare, manipolative o anche fraudolente.

Secondo alcuni recenti report, i fondi UCITS rappresentano circa il 75% di tutti gli investimenti in fondi comuni degli investitori privati europei.

Piccola curiosità: il Regno Unito continua ad adottare gli stessi principi anche dopo la Brexit.

Quali sono i vantaggi degli ETF UCITS?

Come già detto, gli ETF UCITS devono rispettare degli standard voluti dalla Unione Europea, al fine di proteggere gli investitori da pratiche fraudolente, ma anche dai possibili rischi tipici dei mercati finanziari.

I criteri che questo tipo di ETF devono rispettare sono contenuti nel “Regolamento sulla gestione collettiva del risparmio” della Banca d’Italia.

Ad ogni modo, tra i principali vincoli menzioniamo:

  • diversificazione del fondo;
  • separazione tra patrimonio dell’ETF e quello della società emittente;
  • liquidità del fondo
  • limiti all’utilizzo dei derivati;
  • Informativa obbligatoria.

Vediamo più nel dettaglio di cosa si tratta.

Diversificazione del fondo

Gli ETF “UCITSnon possono detenere al loro interno una singola partecipazione che superi il 20% del valore patrimoniale netto (NAV) del fondo. Soltanto in casi eccezionali, questo valore può arrivare al 35%. Si tratta, dunque, di una misura voluta per garantire una ridotta esposizione verso un singolo strumento finanziario, che sarebbe molto rischioso.

Separazione tra patrimonio dell’ETF “UCITS” e quello della società emittente

Il patrimonio dell’ETF non può essere detenuto direttamente dalla società di gestione, ma da un’entità esterna: ossia da una banca depositaria indipendente.

Questa misura garantisce all’investitore che il patrimonio dell’ETF non può essere utilizzato, ad esempio, per pagare i debiti della società emittente. In caso di fallimento di quest’ultima, le attività del fondo stesso non possono essere aggredite dai loro creditori; i titoli che compongono il fondo verrebbero venduti dalla banca depositaria e il valore corrispondente sarebbe poi accreditato sul conto corrente di ogni singolo investitore. Insomma, si tratta di una gran bella garanzia.

Liquidità del fondo

Gli ETF UCITS devono sempre garantire la liquidità delle quote. In altre parole, un investitore deve poter venderle in qualsiasi momento. È possibile riscattare le quote direttamente dal fornitore del fondo stesso.

Limiti all’utilizzo dei derivati

Per gli ETF che utilizzano derivati, l’esposizione deve obbligatoriamente essere coperta da garanzie del valore del 90% del NAV e soddisfare gli standard minimi di gestione del rischio. I fondi UCTIS non possono utilizzare la leva finanziaria, se non su base temporanea e fino a un massimo del 10% del loro NAV. Infine, non è consentita la vendita allo scoperto.

Informativa necessaria degli ETF UCITS

La normativa UCITS prevede degli standard anche per quanto riguarda la predisposizione delle informazioni dell’ETF, al fine di garantire un alto grado di trasparenza.

I gestori del fondo devono pubblicare sui propri siti web e aggiornare periodicamente i seguenti documenti:

  • KIID (Key Investor Information Document – informazioni chiave per l’investitore): si tratta di un prospetto che descrive gli obiettivi del fondo e gli strumenti finanziari che lo compongono, le caratteristiche principali, la commissioni e il profilo di rischio.
  • Prospetto informativo: contiene le informazioni dettagliate sulla strategia di investimento del fondo.
  • Rapporto annuale: si tratta, sostanzialmente, del bilancio e delle informazioni sul patrimonio del fondo stesso.

Quelle appena descritte sono soltanto alcune delle principali regole che gli ETF devo rispettare per essere contrassegnati come “UCITS” e quindi essere negoziati nelle borse europee. Tuttavia, è bene precisare che queste regole sono in continua evoluzione, in linea con i mutamenti dei mercati finanziari.

Gli ETF non “UCITS”, quindi non “armonizzati”, ovviamente non rispettano le direttive europee e non possono essere quotati se non in altri mercati.

Implicazione fiscali degli ETF armonizzati e non 

Un altro aspetto da tenere in considerazione, riguarda le implicazioni fiscali dell’acquisto di un ETF armonizzato o non.

In Italia, le  plusvalenza realizzate tramite gli ETF sono tassate con un’aliquota piatta (flat tax) del 26%. In caso di ETF che replicano titoli di Stato italiani o di Paesi della cosiddetta “white list” l’aliquota scende al 12,5%.

Se operiamo con un intermediario italiano, generalmente, quest’ultimo fungerà da “sostituto d’Imposta”. La stessa banca, in altre parole, si occupa di pagare le tasse in nome e per conto del cliente / investitore, che sarà sollevato da qualsiasi obbligo dichiarativo.

Un discorso a parte di potrebbe fare per gli “ETF non armonizzati” (quindi non Ucits). Le plusvalenze generate con quest’ultimi costituiscono Redditi Ordinari e la tassazione prevede una ritenuta d’acconto del 26% e l’assoggettamento ad aliquota ordinaria IRPEF, con conseguente obbligo di dichiarazione.

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