La verità sull’ultima grande scommessa di Michael Burry. Ci siamo sbagliati

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Negli ultimi giorni non si fa altro che parlare dell’ennesima “grande scommessa£ di Michael Burry, famoso per aver previsto il crollo mercato immobiliare statunitense prima della crisi finanziaria del 2008. Da quella vicenda ne è nato anche un libro e poi un film: “The big short (la grande scommessa)”.

Secondo i recenti documenti della SEC, Scion Asset Management, la società di investimenti di Burry, nell’ultimo trimestre ha acquistato opzioni put per un valore di ben 1,6 miliardi di dollari contro l’azionario statunitense:

  • 866 milioni di dollari sullo SPDR (uno dei migliori etf sull’S&P 500);
  • 739 milioni contro sull’ETF Invesco QQQ Trust (Nasdaq 100).

Impegnando con queste sole due operazioni più del 90% dell’intero portafoglio. Tanto è bastato per far scatenare il panico tra gli investitori di tutto il mondo.

Un’opzione put, in effetti, dà il diritto al suo possessore (non l’obbligo) di vendere un asset a un prezzo specifico e a una certa scadenza. Il valore di un’opzione put aumenta se il prezzo di mercato dell’asset diminuisce. In altre parole, si tratta di strumenti che consentono di shortare un sottostante, che in questo caso è rappresentato dal mercato azionario statunitense.

Dunque non dovrebbe esserci alcun dubbio: Michael Burry ha piazzato un’altra allarmante scommessa ribassista contro il mercato azionario statunitense, proprio come nel 2007, no?

In realtà, questo non possiamo saperlo con certezza, e adesso vi spieghiamo anche il motivo.

Come funzionano le opzioni put

Nella sua dichiarazione alla SEC (l’organismo di vigilanza della borsa statunitense) per il trimestre terminato il 30 giugno 2023, Burry ha rivelato alcuni investimenti significativi contro il mercato azionario americano, attraverso l’utilizzo di opzioni put.

Come già detto in apertura, un’opzione put dà il diritto al suo possessore (non l’obbligo) di vendere un asset a un prezzo specifico e a una certa scadenza.

Per acquisire tale diritto, l’acquirente paga un premio al venditore. Soltanto in un secondo momento (solitamente ad una scadenza prefissata) lo stesso potrà decidere se avvalersi di tale diritto (e quindi vendere il sottostante) pagando un’ulteriore somma di denaro, il cosiddetto “prezzo di esercizio” (o strike price).

L’acquirente avrà un guadagno se il prezzo dell’asset sottostante scende al di sotto del prezzo di esercizio meno il premio pagato. Se il prezzo dell’asset rimane al di sopra di questo livello, l’opzione diventa redditizia per il venditore.

Cosa non ci convince dell’operazione di Burry

Secondo il rapporto della SEC, Burry ha acquistato 20.000 opzioni put su SPY e altre 20.000 opzioni put su QQQ durante il secondo trimestre del 2023. Tuttavia, molti dettagli di questa operazione non sono stati divulgati. In particolare, non ci è dato sapere quali siano i prezzi di esercizio, le date di scadenza, né tantomeno quanto ha pagato per averle. Avete capito bene: in realtà, non sappiamo nemmeno quanto ha pagato per l’acquisto di queste opzioni.


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È vero che in precedenza abbiamo dichiarato che il “valore” delle opzioni acquistate da Burry è di 1,6 miliardi di dollari, ma attenzione: nello stesso esposto pubblicato dalla SEC è possibile leggere quanto segue:

“Si prega di notare che il Gestore degli Investimenti segnala le posizioni di opzioni put lunghe su questo Modulo 13F secondo le modalità prescritte dall’Istruzione Speciale 10 e dalle Domande frequenti 41 e 44 (ovvero, opzioni put lunghe lorde segnalate in termini di titoli sottostanti le opzioni). In quanto tale, il valore riportato nel presente Modulo 13F è diverso dal valore effettivo di tali opzioni put”.

In altre parole, i documenti depositati 13F non rappresentano accuratamente la natura delle opzioni acquistate Michael Burry, in quanto mostrano solo i valori di mercato dei sottostanti. Per comprendere appieno le scommesse di Burry, bisognerebbe conoscere anche altre importantissime informazioni, quali:

  • prezzo di esercizio;
  • data di scadenza;
  • premio pagato o ricevuto;
  • “delta”, ossia come cambia il suo prezzo in risposta alle variazioni del prezzo dell’asset sottostante;
  • qualsiasi altra posizione che potrebbe aver assunto per coprire o amplificare le sue scommesse.

Nuova Grande scommessa? Tiriamo le conclusioni

Alla luce di quanto detto, dunque, possiamo affermare che non è possibile stimare la quantità di denaro che Michael Burry ha investito in queste opzioni o determinare quanto può guadagnare o perdere da esse. Questi elementi sono fondamentali anche solo per capire se lo stesso abbia voluto porre in essere un’operazione di speculazione (sfruttando la leva finanziaria) o di semplice copertura da una possibile correzione dei mercati.

Come se non bastasse, le opzioni sono strumenti finanziari a termine, ossia hanno una data di scadenza, che potrebbe essere di pochi mesi o addirittura di settimane. Per quanto ne possiamo sappiamo, le stesse potrebbero già essere giunte a scadenza, facendo allontanare così lo spettro di una nuova “grande scommessa” ribassista o di una grave crisi finanziaria ed economica.

Cosa ne pensate voi di questa vicenda? Si tratta realmente di un nuovo “big short” o sono soltanto chiacchiere da bar? Fatecelo sapere con un commento.

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