Cosa sono gli indici di borsa e perché sono così importanti?

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Vi sarà capitato di ascoltare un telegiornale o di leggere un articolo in cui si parlava dell’andamento del Fitse mid, del Nasdaq o del Dow Jones. Frasi del tipo: “oggi la borsa di New York apre in rialzo con il Nasdaq che guadagna ben 2 punti percentuali, trascinando Piazza Affari e gli altri indici europei”. Di cosa si tratta? Cosa sono queste sigle così complicate? Si tratta, appunto, di indici di borsa (azionari, in questo caso).

Un indice, in poche parole, può essere definito come un paniere composto da diversi titoli (azioni, obbligazioni o altro) con caratteristiche comuni.

L’andamento di un indice, sostanzialmente, rappresenta la media dell’andamento dei titoli inclusi nel paniere. Precisiamo che non si tratta di una media matematica: i titoli a maggiore capitalizzazione, generalmente, hanno anche un peso maggiore.

Facciamo un esempio: inventiamoci un nostro personalissimo indice, formato da due sole azioni: Alfa entreprise e Beta developing (scusateci per la fantasia).

In data x il prezzo di mercato dei titoli delle società è rispettivamente di 30 e 24 euro. Il valore di questo ipotetico indice di borsa sarà uguale a 54 (30+24). Il giorno seguente, i prezzi dei due titoli saliranno rispettivamente a 33 e 35 euro. Il valore del nostro indice è adesso pari a 68 (33 + 25), e così via per i giorni a seguire, come riportato in tabella.

La curva del nostro indice avrà il seguente aspetto.

Indice A:B

Le diverse tipologie di Indice di borsa

Esistono un’infinità di indici, che possiamo suddividere in diverse categorie in base ad un oggetto che li accomuna. Senza entrare troppo nel dettaglio, possiamo fare una distinzione degli indici in base al:

  • Tipo di mercato: azionario, obbligazionario, commodities ecc;
  • Area geografica: mondiale, europeo, americano, area bric, Italia e così via.
  • Tipo di settore: industriale, tecnologico, farmaceutico ecc.

Indici azionari

Ogni nazione ha il suo “indice azionario di riferimento”, ossia quell’indice che in buona sostanza riesce a riflettere l’andamento di una data economia. In genere, si tratta di indici composti da un insieme di titoli eterogenei, cioè di società appartenenti a diversi settori.

Il FTSE MIB, ad esempio, è l’indice di riferimento italiano, composto da circa 40 azioni delle società italiane a maggiore capitalizzazione.

Senza nessuna pretesa di completezza, passiamo in rassegna i principali indici azionari, partendo dai tre principali americani: S&P 500, Nasdaq e il Dow jones.

I più importanti indici azionari americani

Lo S&P 500 (Standard & Poor 500) è composto dalle 500 azioni di società statunitensi a maggiore capitalizzazione. Si tratta dell’indice più significativo dell’intero mercato americano e forse dell’intero mercato globale. Le azioni di questo indice possono essere considerate anche come le più importanti a livello globale.

Il Nasdaq (National Association of Securities Dealers Automated Quotation) può essere considerato come un indice settoriale che accoglie le principali società americane operanti nel circuito informatico e tecnologico.

Il Dow Jones (Dow Jones Industrial Average), infine, è composto dai principali 30 titoli quotati a Wall Street, senza tenere conto della capitalizzazione, quindi del peso delle varie società coinvolte. Nel tempo il Dow Jones ha senz’altro perso molta della sua popolarità, proprio per il fatto di rappresentare oggi un gruppo di titoli decisamente troppo ristretto rispetto a quel che è il listino titoli della borsa americana.

Indici europei

Tra gli indici di riferimento Europei troviamo il già citato FTSE MIB (Italia), il FTSE 100 (UK), il CAC 40 (Francia), il DAX 30 (Germania). Poi ancora, gli asiatici come il Nikkei (Giappone) e il SSE Composite (Cina) e così via.

c’è ancora dell’altro

Va da sé che oggi esistono un’infinità di sottocategorie altrettanto importanti di cui vale la pena soffermarci un attimo. Per esempio, rimanendo in tema di azionario, esistono indici che raccolgono i principali titoli a media capitalizzazione (Midcap) o ha piccola capitalizzazione (Smallcap).

Indici azionari settoriali, come ad esempio gli indici di società appartenenti al settore tecnologico, delle biotecnologie, industriali, dei trasporti, farmaceutici e via dicendo.

Altri indici azionari cosiddetti specifici cioè che incorporano una qualche caratteristica oggettiva, come per esempio un paniere di titoli europei di società che hanno fatto registrare trimestre su trimestre un maggior incremento di fatturato. Oppure l’indice delle 50 società americane che negli ultimi 5 anni hanno distribuito maggiori dividendi e così via.

Indici obbligazionari e commodities

Anche per gli indici obbligazionari è possibile fare delle opportune classificazioni. i più importanti sono le seguenti:

  • governativi (treasury bond): inerenti obbligazioni emessi, appunto dagli stati;
  • corporate: obbligazioni emesse da società;
  • Inflation linked: con rendimenti legati all’inflazione;
  • High yeld: ossia quelle obbligazioni emesse da soggetti con basso rating.

Ed infine gli indice che seguono l’andamento dei prezzi delle commodities, ossia di un dato bene come ad esempio l’oro, il petrolio il caffè ecc. Essi possono essere idealmente sintetizzati su un paniere di 5 macro aree: Energetici, Metalli, Cereali, Carni, Fibre e Coloniali.

Questi sono solo alcuni esempi di indici, ma sarebbe impossibile trattarli in modo esaustivo in un solo articolo. Va da sé che esistono anche (lasciatemi passare il termine) degli “incroci” di questi indici, come per esempio potremmo avere un indice americano di società a piccola capitalizzazione del settore tecnologico; oppure l’indice inglese del settore farmaceutico; l’indice delle commodities dei soli metalli (oro, argento rame ecc.) e così via.

Cosa si intende per Benchmark?

Cosa davvero importante, questi indici vengono utilizzati come dei veri e propri benchmark.

In finanza, il benchmark assolve la funzione di parametro oggettivo di riferimento per la valutazione di un fondo comune di investimento.

L’obiettivo del benchmark è quello, infatti, di offrire uno strumento utile per valutare il rischio tipico del mercato in cui il portafoglio investe e supportare l’investitore nella valutazione dei risultati ottenuti dalla gestione di un certo portafoglio titoli.

In parole più semplici, il benchmark non è nient’altro che un metro di paragone,

che ci permette di andare ad analizzare la performance effettiva, ad esempio di un fondo comune d’investimento.

Come è possibile tutto questo? Supponiamo di dover andare ad analizzare la performance effettiva di un fondo comune d’investimento, che opera prevalentemente su azioni italiane a larga capitalizzazione, e che quest’anno riesce ad incrementare il valore delle proprie quote, ad esempio, del 10%, è tanto o è poco?

Non esiste una risposta univoca, per capirlo bisognerà guardare l’andamento del suo benchmark, che in questo caso, trattandosi di azioni italiane a larga capitalizzazione, sarà proprio il ftse mib. Se nello stesso anno il ftse mib registrerà un incremento del suo valore ad esempio del 5%, sicuramente bisognerà riconoscere l’ottimo lavoro dei gestori del fondo, che hanno saputo “sovraperformare” il proprio indice di riferimento. Ovviamente ciò vale anche in caso di perdita: il può sovraperformare anche nel caso in cui registri una perdita minore rispetto a quella del suo benchmark.

È superfluo dire che non sempre i fondi riescono a fare meglio del proprio indice. In questo caso si parlerà di sottoperformance, e, udite udite, questo è quello che accade nella gran parte dei casi.

Ed è anche questo uno dei punti forti degli Exchange – Traded Fund (ETF). Essendo quest’ultimi dei fondi a gestione passiva, replicano il più fedelmente possibile l’andamento dell’indice.

Ecco a cosa serve il benchmark

Vi è mai capitato di parlare con un impiegato di banca o posta (sono i peggiori)? Tentano sempre di propinarvi un qualche strumenti finanziario, di solito fondi comuni d’investimento. Sono dei bravi venditori. Quei fondi, in effetti, sembrano ottimi investimenti. Potreste essere ancora un po’ scettici, quanto l’astuto consulente tira fiori dal cilindro il grafico d’ordinanza, come quello seguente.

Grafico fondo comune d'investimento

Che impennata! E quanti soldi in così poco tempo. In effetti in poco più di tre mesi il fondo ha guadagnato circa l’8%. Davvero non male, vi starete chiedendo.

Niente di più sbagliato, un 8% in tre mesi (o anche più) può essere un buono o un cattivo investimento. Bisogna sempre ricordarsi di confrontarlo con il suo indice di riferimento, che nel caso del fondo in questione, come riportato nello stesso documento di sintesi (kiid), è lo Stoxx europe 600, ossia l’indice dei titoli delle società europee a maggiore capitalizzazione.

Ecco i grafici dell’indice e del fondo messi a confronto.

Adesso tutto appare più chiaro (o almeno me lo auguro). Il fondo, tanto pubblicizzato dall’impiegato di banca o posta (sono sempre i peggiori, lo ribadisco), non riesce nemmeno lontanamente ad avvicinarsi al suo benchmark, nel grafico rappresentato dalla curva in rosso. In particolare, quest’ultimo (Stoxx europe 600), nel medesimo periodo di tempo, ha guadagnato circa il 15%, quasi il doppio del fondo comune d’investimento.

Solitamente il benchmark del fondo viene fornito dallo stesso gestore. Per questo motivo è sempre buona norma leggere tutti i prospetti informativi prima di effettuare qualsiasi investimento.

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