“I titoli di stato sono sicuri”, quante volte vi siete sentiti dire questa frase? Non sono in pochi a considerare questi strumenti come una sorta di garanzia. L’emittente alla scadenza è obbligato a ripagare il denaro investito, tranne in caso di fallimento. Se poi l’emittente è uno Stato con un’economia solida, come gli Stati Uniti d’America, allora che problema c’è?
Il problema è che troppo spesso si ignora che il default dell’emittente non è l’unico rischio che si corre investendo in titoli di stato. Purtroppo, questa è una leggerezza che in molti commettono, compresi importati istituti finanziari. Soltanto ieri ci siamo occupati del caso della “Silicon Valley Bank”, una banca che ha avuto la colpa di aver investito (e quindi creduto) in titoli di stato americani (ritenuti sicurissimi). La politica monetaria della Banca Centrale Statunitense ha fatto il resto. Per intenderci, SVB non è fallita per qualche azzardata operazione finanziaria super speculativa, come spesso purtroppo è accaduto in passato, ma proprio per il crollo del prezzo dei titoli posseduti, che ha portato ad un deterioramento delle sue condizioni patrimoniali e al panico tra i correntisti.
Da questa vicenda, adesso, bisogna trarre i dovuti insegnamenti e fare qualche riflessione in merito ai rischi che è possibile correre investendo proprio in obbligazioni, anche statali.
Indice
Quali sono i rischi dei Titoli di Stato
Come già detto, le obbligazioni, pur prevedendo il rimborso del capitale investito alla scadenza, sono soggette ad alcuni rischi che troppo spesso vengono ignorati. In particolare, è possibile individuarne tre:
- default dell’emittente;
- inflazione;
- aumento dei tassi d’interesse.
Il rischio di default dell’emittente può essere considerato il più grave ma al tempo stesso il più raro, soprattutto se si tratta di titoli di Stato.
Il rischi di inflazione e di aumento dei tassi d’interesse, generalmente, si verificano simultaneamente, e sono proprio quelli che hanno portato al fallimento della Silicon Valley Bank. Vediamo meglio di cosa si tratta.
Rischio di default dell’emittente
Il rischio più grande che si possa correre investendo in obbligazioni è il cosiddetto rischio di default dell’emittente. Aziende private e Stati possono fallire. In questo caso, ovviamente, l’obbligazione posseduta non potrà più essere rimborsata in tutto o in parte. È possibile ridurre questo rischio investendo in ETF obbligazionari, in modo da possedere un paniere di obbligazioni abbastanza diversificato e non esporsi su un singolo titolo / emittente.
Rischio d’inflazione
Con il rischio di inflazione i prezzi dei beni e servizi aumentano sensibilmente (proprio come in questo periodo), riducendo il potere d’acquisto del denaro e il tasso “effettivo” di rendimento del titolo stesso. Se abbiamo un’obbligazione con cedola al 2% e un’inflazione annua del 3%, conseguiremo un rendimento “reale” negativo.
Rischio di aumento dei tassi d’interesse
Generalmente, il rischio di inflazione va di pari passo con il rischio di aumento dei tassi d’interesse, questo perché per riporte l’inflazione a livelli “normali” (intorno al 2%, secondo gli obbiettivi della BCE e della FED), le banche centrali non potranno far altro che avviare delle politiche monetarie restrittive, aumentando in prima istanza i tassi d’interesse.
Se i tassi d’interesse salgono, il valore delle nostre obbligazioni sarà destinato a diminuire. Per fare un esempio concreto: solo qualche anno fa, il decennale italiano rendeva circa l’1% annuo, adesso, invece, quasi il 4,5%. A parità di scadenze, dunque, il primo dei due titoli avrà un valore di mercato nettamente inferiore rispetto a quello di emissione. Di quanto inferiore? Tanto da rendere indifferente, in termini di rendimento e a parità di scadenza, l’acquisto del primo o del secondo titolo.
Ma attenzione, come detto, l’obbligazione deve essere rimborsata per intero alla scadenza. In caso di aumento dei tassi, possiamo subire una perdita soltanto in caso di vendita anticipata ai prezzi di mercato. Ed è proprio questo che è successo alla Silicon Valley Bank.
I Titoli di Stato non sono sempre sicuri, il caso Silicon Valley Bank dovrebbe farci riflettere
Il fallimento della Silicon Valley Bank non è stato causato da una sua cattiva gestione della stessa e non sono state fatte operazioni altamente speculative e rischiose. Anzi, l’operato della banca potrebbe essere considerato decisamente conservativo e prudente.
Se proprio dobbiamo trovare in capro espiatorio di questo fallimento, questo potrebbe essere la banca centrale statunitense con le sue scelte di politica monetaria. Scelte che, a dirla tutta, sono molto simili a quelle della Banca Centrale Europea.
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In estrema sintesi, la Silicon Valley Bank aveva investito parte dell’enorme liquidità dei suoi correntisti – accumulata proprio negli anni passati, quando i tassi stavano a zero – in titoli di stato americani a lunga scadenza (ritenuti sicurissimi). Adesso, però, la situazione è nettamente cambiata, con un’inflazione alle stelle e tassi d’interesse in continuo aumento.
I finanziamenti alle imprese sono stati ridotti e le stesse hanno così iniziato a prelevare sempre più denaro depositato. A questo punto, la Silicon Valley Bank è stata costretta a vendere i titoli di stato posseduti, ma a un prezzo di mercato molto più basso rispetto a quanto le avessero pagate, generando così delle enormi perdite. Tutto questo ha scatenato ulteriore panico tra i suoi correntisti, che sono corsi a prelevare o a spostare i loro soldi in altre banche. Un ciclo che ha portato al fallimento della stessa. Un vero è proprio disastro finanziario, figlio, lo ribadiamo ancora una volta, delle politiche (alcuni direbbero “scellerate”) della Banca Centrale Americana, ma anche della fiducia riposta proprio nei titoli di stato.
Cosa ci insegna questa vicenda sui Titoli di Stato?
Questa vicenda dovrebbe farci riflettere su quelli che sono i reali rischi degli investimenti in titoli di stato. Strumenti considerati da molti come sicuri (“tanto il capitale è garantito”).
In finanza, purtroppo, non può esistere il concetto di “sicuro”, almeno non in assoluto. Durante la vita del titolo, potremmo essere costretti a liquidare i nostri investimenti, per tutta una serie di ragioni, anche di tipo personale. In questo caso, saremo in balia delle fluttuazioni di mercato, come per le azioni (ovviamente con volatilità differente).
Per questo motivo, un portafoglio di investimento che si rispetti dovrebbe essere composto da più asset finanziari, in modo da poter reagire alle diverse fasi (anche negative) del ciclo economico. A tal proposito, vi consigliamo di dare un’occhiata al nostro articolo sul famoso portafoglio di investimento “all weather” di Ray Dalio, che ha portato all’estremo il concetto di diversificazione in base al rischio.