La tassa sugli extra profitti delle banche continua a far discutere. Se da un lato le motivazioni che hanno spinto il governo a introdurre questa tassa sono sicuramente valide, dall’altro c’è chi pensa (e a ragion veduta) che la stessa potrebbe presto diventare l’ennesima beffa a danno dei cittadini.
Come sappiamo, si tratta di una misura che nasce con l’intenzione di prelevare per poi redistribuire parte dei profitti che le banche hanno realizzato grazie all’aumento dei tassi d’interesse imposto dalla BCE per contrastare l’inflazione. Una ricetta, quella della BCE, che però ha anche messo in ginocchio molte famiglie italiane che in passato avevano sottoscritto dei mutui a tasso variabile e che oggi si ritrovano a dover fare i conti con delle rate sempre più alte e insostenibili.
Il problema posto da molti osservatori è il seguente: siamo proprio sicuri che la tassa sui profitti delle banche sarà effettivamente pagata dalle banche? Negli ultimi anni stiamo già assistendo a un aumento delle spese bancarie a carico dei cittadini. Aumenti che adesso potrebbero accentuarsi proprio a causa dell’introduzione di questo nuovo provvedimento.
Cos’è la tassa sugli extra profitti delle banche?
La tassa sugli extra profitti è stata introdotta con il cosiddetto decreto Asset, approvato lo scorso 7 agosto dal Consiglio dei ministri.
Si tratta di una imposta straordinaria a carico delle banche e altri intermediari finanziari, che prevede un’aliquota pari al 40% sugli extra profitti realizzati nell’ultimo anno da detti istituti.
“Le maggiori entrate derivanti da tale imposta, si legge in un comunicato stampa pubblicato sul sito del Governo, saranno poi destinate al finanziamento del fondo per i mutui sulla prima casa e per interventi volti alla riduzione della pressione fiscale di famiglie e imprese”.
Tutto bello se non fosse che le stesse banche potrebbero adesso scaricare il costo di questa tassa sulle spalle dei propri correntisti e quindi anche sulle stesse famiglie che il governo vorrebbe aiutare. Il problema è già stato sollevato da alcune associazioni dei consumatori, che lamentano la mancata previsione di una norma ad hoc che possa impedire un tale epilogo.
Ennesima beffa per i cittadini?
Assoutenti (associazione no profit per la tutela dei consumatori) in questi giorni ha pubblicato un comunicato stampa con il quale mette in guardia governo e cittadini: per recuperare i costi della tassa sugli extra profitti, le stesse banche potrebbero “reagire con un aumento dei costi di gestione di conti correnti e carte in capo ai consumatori”.
«l’Istat, si legge nella nota della stessa associazione, ha già registrato un aumento annuo delle tariffe del 6,4% per la voce spese bancarie a carico dei cittadini, un dato che conferma l’allarme lanciato di recente dalla Banca d’Italia, secondo cui alcune banche hanno già aumentato il costo dei conti correnti con modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali, adducendo come motivo gli elevati livelli di inflazione».
Adesso, continua Assoutenti, c’è il rischio di “una nuova fiammata dei costi bancari, considerato che con la nuova tassa sugli extra profitti le banche potrebbero rifarsi sui correntisti al fine di recuperare le perdite».
Per tale motivo, l’associazione chiede al Governo di attivarsi in modo da impedire che un tale provvedimento “possa trasformarsi in un danno per la collettività, bloccando sul nascere qualsiasi rincaro dei costi bancari”.
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