Ormai da parecchi anni ci siamo abituati a vedere i rendimenti dei BTP prossimi allo zero. Tanto da rendere questo tipo di investimento quasi desueto. Oltre agli scarsi rendimenti, chi ha acquistato in passato obbligazioni (non solo statali) ha dovuto toccare con mano quello che è uno dei principali rischi di questo asset: l’aumento dei tassi d’interesse, che ne ha fatto crollare il loro valore.
Nell’ultimo anno, come sappiamo, si è assistito a un vero e proprio cambio di rotta della politica monetaria della BCE e non solo. Per contrastare l’elevata inflazione, dovuta principalmente all’attuale conflitto in Ucraina e alle precedenti politiche espansive messe in atto per contrastare gli effetti economici negativi dell’emergenza sanitaria del Coronavirus e delle relative restrizioni adottate dai vari Paesi, le principali banche centrali (BCE e FED in primo luogo) non hanno potuto far altro che varare una nuova politica restrittiva, aumentando i tassi d’interesse.
È chiaro che, ad oggi, i BTP sono decisamente più appetibili rispetto al passato, con i rendimenti del decennale ai massimi da 10 anni, in area 4,45%.
Davvero non male, soprattutto se si considera che oggi la stabilità del nostro Paese (finanziaria e politica) non sembrerebbe poi così a rischio, almeno secondo le principali agenzie di rating.
C’è però da considerare l’altro lato della medaglia, che riguarda i vecchi possessori dei BTP, i quali, ovviamente, stanno registrando delle perdite davvero pesanti. Soltanto nell’ultimo anno, infatti, il prezzo del decennale è sceso quasi del 30%, a tutto beneficio dei nuovi acquirenti. Cosa possiamo aspettarci adesso?
BTP: rendimenti e possibili scenari futuri
Come abbiamo già detto, i rendimenti dei BTP sono cresciuti notevolmente, tornando ai livelli del 2013.
Soltanto qualche anno fa, gli stessi rendimenti avevano toccato i minimi storici, in area 0,5% (nel dicembre del 2020), mentre oggi sono pari al 4,5% circa.
Oltre al rendimento, bisogna poi considerare un altro aspetto, ossia quello che riguarda le oscillazioni di prezzo. Una volta domata l’inflazione, la BCE inizierà sicuramente a tagliare i tassi d’interesse, e questo, verosimilmente, porterà ad un aumento del valore dei BTP o altri titoli obbligazionari, a tutto beneficio degli investitori che decideranno di vendere prima della scadenza a prezzi più alti.
D’altro canto, però, ci sono anche delle variabili negative di cui bisogna tener conto. La stessa BCE ha appena confermato l’imminente inizio del cosiddetto Quantitative Tightening. Si tratta di uno strumento che ha l’obiettivo di ridurre la quantità di denaro in circolazione nel sistema finanziario, attraverso la vendita di titoli di Stato e altri asset finanziari. Per intenderci, si tratta dell’opposto del Quantitative Easing, promosso qualche anno fa dall’allora presidente della BCE Mario Draghi.
Il ritmo di tale riduzione monetaria dovrebbe essere circa di 15 miliardi di euro al mese da marzo a giugno 2023, ma tali quantità potrebbero variare nel tempo. Tutto questo si traduce, ovviamente, in un’enorme incertezza sul futuro valore dei nostri BTP, proprio perché verrebbero a mancare i massicci acquisti della stessa Banca Centrale Europea. Questo significa che da ora in avanti sarà cruciale l’eventuale apporto da parte di investitori retail, soprattutto delle famiglie italiane che, a dirla tutta, sembrerebbero apprezzare sempre di più i nuovi strumenti offerti dallo Stato. Come scritto soltanto qualche settimana fa, a seguito del successo delle precedenti emissioni, il Tesoro sta per collocare dei nuovi BTP Italia indicizzati all’inflazione.
BTP Italia indicizzati all’inflazione: quando parte il collocamento?
Venendo a mancare il significativo apporto del finanziamento della BCE, come già detto, il Tesoro punta al pubblico risparmio, che in Italia (per fortuna) non è indifferente. Secondo quanto rilevato da IlMessaggero.it: “gli asset finanziari detenuti dagli italiani ammontano a 4,8 trilioni di euro, di cui 1,6 trilioni di euro sotto forma di cash e depositi”.
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Il nuovo esecutivo, dunque, punta a rifinanziare il debito attraverso l’emissione di titoli obbligazionari che storicamente hanno sempre avuto una certa attrattività agli occhi degli italiani. Si pensi a quanto è accaduto con le recenti obbligazioni ENI Sustainability-linked a 5 anni o ai BTP Italia indicizzati all’inflazione. Strumenti, in entrambi i casi, pensati per un pubblico retail e che sono andati letteralmente a ruba.
Adesso, il Governo intende riprovarci con una nuova e interessante emissione. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), infatti, ha appena annunciato il collocamento di un nuovo BTP Italia indicizzato all’inflazione a 5 anni, pensato per il risparmiatore individuale.
Sarà possibile sottoscrivere questo titolo a partire da lunedì 6 ed entro mercoledì 8 marzo, salvo chiusura anticipata, per i risparmiatori individuali (mercato retail), e da giovedì 9 marzo per gli investitori istituzionali.
Il Tesoro non ha ancora comunicato quale sarà il tasso d’interesse reale, ossia quello fisso da aggiungere al tasso d’inflazione calcolato in base all’indice FOI. Ad ogni modo, è anche previsto un premio fedeltà dello 0,8% per coloro che detengono questo BTP fino alla scadenza del 14 marzo 2028.
Insomma, non è possibile prevedere con assoluta certezza quali saranno gli scenari futuri dell’economia italiana e globale, ma siamo certi che strumenti come i nuovi BTP, con rendimenti sempre più appetibili, continueranno ad essere apprezzati dai tanti risparmiatori italiani.