Il presidente della Federal Reserve Jerome Powell ha da poco dichiarato che il “processo disinflazionistico” nell’economia statunitense è iniziato. Questa è sicuramente una buona notizia, ma soltanto a metà. Tale processo, infatti, non è mica finito. Con tutta probabilità, per riportare l’inflazione ai livelli target (intorno al 2%) potrebbero volerci ancora alcuni anni e soprattutto ulteriori aumenti dei tassi d’interesse.
Powell ha anche parlato della situazione che riguarda il mercato del lavoro, che negli USA è straordinariamente forte. Una buona notizia? Non proprio, almeno non per quanto riguarda l’allentamento di questa inflazione. Ad ogni modo, il capo della FED ha voluto rassicurare gli investitori: l’approccio della banca centrale sui futuri aumenti dei tassi non dovrebbe cambiare, almeno non in peggio. Vediamo meglio cosa sta succedendo.
Powell: il processo di disinflazione è iniziato,
Come già detto in diverse occasioni, l’inflazione sta visibilmente calando, ma per tornare ai livelli obbiettivo servirà ancora del tempo. In particolare, alcuni economisti della BCE prevedono che l’inflazione si avvicinerà al 2% soltanto nel 2025 e saranno necessari ulteriori aumenti dei tassi d’interesse.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, ha da poco dichiarato che il “processo disinflazionistico” nell’economia è iniziato, ma che saranno necessari ulteriori aumenti dei tassi per riportare l’inflazione al suo obiettivo del 2%.
Si tratta sicuramente di una buona notizia, soprattutto per i mercati finanziari. I programmi della FED, circa gli attuali aumenti dei tassi, probabilmente erano già stati scontati dagli investitori. Nelle ultime settimane, infatti, i principali indici azionari mondiali (soprattutto quelli americani) sembrerebbero aver trovato nuovo vigore. I problemi, in parte, potrebbero arrivare dagli ultimi dati sull’occupazione negli Stati Uniti.
Cosa succede con i nuovi dati sul lavoro?
Secondo gli ultimi dati sul lavoro degli Stati Uniti, a gennaio ci sono stati oltre mezzo milione di occupati in più, il triplo rispetto alle previsioni. I posti di lavoro continuano a crescere nonostante la stretta monetaria operata dalla Federal Reserve per raffreddare l’economia e una possibile recessione sembra adesso più lontana.
Il problema è che questa potrebbe non essere una buona notizia per quanto riguarda l’inflazione. Dopo il contenimento dell’aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia, adesso Powell potrebbe doversi concentrare su altre due variabili fondamentali: lavoro e salari. La FED, infatti, aveva previsto uno scenario per il raffreddamento dell’inflazione che contemplava, fra l’atro, un aumento della disoccupazione almeno al 4%. Gli ultimi dati, invece, registrano un record nel calo della disoccupazione, scesa al 3,4%: il dato più basso degli ultimi 54 anni.
Al riguardo, Powell ha dichiarato che questo dato ci mostra come il processo per portare l’inflazione al suo target (intorno al 2%) richiederà ancora diverso tempo.
La forza del mercato del lavoro, ha spigato Powell, “è strutturale e in qualche modo dovuta alla pandemia, che ha bloccato l’immigrazione e ha contribuito a una carenza di lavoratori negli Stati Uniti”.
Sebbene, il presidente della FED sembrerebbe voler continuare questa politica monetaria senza troppe sorprese, lo stesso ha anche avvertito che Fed potrebbe dover aumentare i tassi più del previsto se dovessero arrivare rapporti sull’inflazione o sui posti di lavoro ancor più elevati.
L’obbiettivo della FED, ha concluso Powell, è quello di riportare il tasso d’inflazione al 2% entro il prossimo anno.