ETF, Affrancamento e Plusvalenze tassate al 14%: la proposta della Meloni conviene davvero?

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Aggiornamento del 29 dicembre 2022: con 109 favorevoli, 76 contrari e un astenuto, il Senato ha approvato la Legge di Bilancio 2023. Via libera anche alla norma che prevede l’Affrancamento con tassazione al 14% delle plusvalenze generate da ETF, polizze e altri fondi comuni.

In questi giorni, si sta tanto parlando di una proposta di legge che, sostanzialmente, consiste in uno sconto delle tasse sul capital gain: ossia delle plusvalenze generate dalla compravendita di alcuni strumenti finanziari.
Ad oggi, lo ricordiamo, tali plusvalenze sono tassate con un’imposta sostitutiva pari al 26%. Se questa proposta dovesse passare, tale aliquota scenderebbe al 14%. Ma attenzione, la questione è un po’ più complicata di così.
In molti, in queste ore, ci stanno scrivendo chiedendoci se davvero dal prossimo anno si potrà fruire della tassazione ridotta.
Innanzitutto, lo chiariamo fin da subito, tale regime fiscale avrebbe una durata di tempo limitata (soltanto di pochi mesi), oltre la quale si ritornerebbe alla tassazione ordinaria. Ma cosa ancor più importante, lo sconto si applica tramite il particolare meccanismo dell’affrancamento. Vediamo meglio di cosa si tratta e se conviene davvero aderire a questa soluzione.

Affrancamento e tassazione al 14% sui guadagni derivanti da ETF, polizze Vita e fondi comuni d’investimento

Prima di andare avanti con la trattazione di questo argomento, ricordiamo che allo stato attuale si tratta di una semplice proposta di legge. Proposta che dovrà essere ancora discussa e approvata in Parlamento. Il condizionale, dunque, è d’obbligo! Per avere maggiori certezze al riguardo, bisognerà attendere la lettura del testo definitivo della Legge di Bilancio 2023.
Fatta questa doverosa premessa, cerchiamo meglio di capire cosa prevede questo emendamento.
Il governo intende far cassa, e intende farlo subito. Ed è questa, in sostanza, la ratio della proposta di legge. La quale prevede l’abbassamento dell’aliquota dell’imposta sostitutiva che viene applicata alle plusvalenze generate dalla compravendita di ETF, polizze Vita Ramo I e IV e fondi comuni d’investimento, portandola dal 26 al 14%, ma a una sola condizione: che si paghi subito.
Ed è qui che scatta il meccanismo dell’affrancamento. Di cosa si tratta? Con l’affrancamento, in sostanza, viene anticipato il momento impositivo. Lo sconto viene applicato alle plusvalenze virtuali e non a quelle effettivamente generate.
Tale possibilità sarebbe consentita solamente alle plusvalenze maturate al 31 dicembre 2022, mentre la richiesta di affrancamento può essere fatta entro giugno 2023.
Secondo alcune indiscrezioni, questo meccanismo potrebbe essere applicato anche a singoli titoli azionari e non soltanto a polizze, ETF e altri fondi comuni.

Come funziona il meccanismo dell’affrancamento? Facciamo un esempio

Facciamo un esempio per capire meglio il suo funzionamento dell’affrancamento con aliquota al 14%.
Supponiamo di aver comprato qualche anno fa delle quote di un ETF S&P 500 al costo di 10.000 euro. Oggi, il valore di queste quote è aumentato a 130.000 euro. Se volessi vendere tutte le quote del mio ETF, avrei guadagnato 30.000 euro lordi. A questi bisogna togliere il 26% di tasse: 7.800 euro.
Se la norma dovesse venire approvata, tale aliquota scenderebbe al 14%, quindi si pagherebbe una tassa pari a 4.200 euro. Si tratta sicuramente di un ottimo sconto e tutti ne farebbero richiesta, se non fosse per un piccolo cavillo. Questi 4.200 euro (14% del plusvalore) bisogna pagarli subito, cioè prima di aver venduto le proprie quote e aver quindi generato un effettivo guadagno. In sostanza, viene tassata subito la plusvalenza “virtuale” e non quella effettiva. Ma non è finita qui: che succede a questo punto se decidessi di vendere le mie quote fra qualche anno?
Se, ad esempio, decidessi di vendere le quote nei successivi tre anni e nel frattempo il valore delle stesse dovesse aumentare a 160.000 euro, la plusvalenza del 26% sarà calcolata su un valore di 30.000 e non 60.000 (che è la plusvalenza effettivamente generata).
Sempre considerando il nostro esempio, quanto si risparmia in totale?

  • 15.600 con la tassazione ordinaria (26% di 60.000 euro);
  • 12.000 euro con il meccanismo dell’affrancamento proposto in legge di bilancio, così calcolati: 4.200 (14% sui primi 30.000 euro) + 7.800 (26% sui restanti 30.000 euro).

Ci si chiede, tutto questo è davvero così vantaggioso o ci sono dei contro?

Pro e contro di questa proposta di legge

Conviene o no aderire all’affrancamento e pagare un’imposta sostitutiva del 14% sulla plusvalenza virtuale?
Purtroppo, non possiamo dare una risposta valida per tutti gli investitori.
In effetti, potrebbe essere un vantaggio non indifferente pagare il 14% sulle plusvalenze realizzate se si pensa già di liquidare l’investimento in tempi brevi. Ma anche in questo caso, c’è sempre il rischio di un mercato orso, proprio nel momento della nostra uscita, che potrebbe vanificare il vantaggio dello sconto.
Al contrario, nel lungo periodo strumenti finanziari come un già citato ETF S&P 500 potrebbero verosimilmente generare alti rendimenti (intorno al 10% se si considera l’andamento medio degli ultimi anni). In questo caso, la somma di denaro utilizzata per pagare anticipamene la nostra imposta avrebbe potuto essere meglio utilizzata (banalmente) investendola nello stesso ETF.
Insomma, la proposta del governo è sicuramente valida, ma forse non poi così allentante. Secondo alcuni osservatori, sarebbero pochi gli investitori disposti ad accettare un affrancamento del genere.
Come spiegato dall’avvocato tributarista Fabio Ciani, in una recente intervista a “IlGiornale.it”: “in passato queste misure hanno avuto un prelievo inferiore al 10%, mentre il 14% è alto e potrebbe non avere grande successo”.
Ovviamente, ricordiamo ancora una volta che si tratta di una mera proposta di legge, suscettibile di ulteriori modifiche in fase di valutazione in parlamento. Vi terremo aggiornati sugli sviluppi di questa vicenda.

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