Cosa sono le clausole di azione collettiva (CACs) e perchè i BTP adesso sono meno sicuri?

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Cosa sono le clausole di azione collettiva (CACs) e cosa c’entrano con i Titoli di stato italiani?
Oggi si fa un gran parlare dei Titoli di Stato italiani: BTP Italia, BTP Valore e tanto altro ancora. Se da un lato è vero che questi strumenti adesso offrono dei rendimenti nettamente superiori rispetto soltanto a qualche anno fa, troppo spesso l’investitore / risparmiatore medio non si preoccupa troppo dei rischi di simili strumenti. Del resto, quante volte ci siamo sentiti dire che le obbligazioni sono degli strumenti finanziari sicuri? Ma è davvero così?

Le obbligazioni, governative e non, sono soggette ad alcuni rischi che sono specifici di questi strumenti, come:

  • rischio di default dell’emittente, cioè la possibilità che lo Stato non sia in grado di pagare gli interessi o rimborsare il capitale;
  • inflazione, cioè di subire una perdita “reale” a causa dell’aumento dei prezzi;
  • rischio di tasso d’interesse, cioè la variazione del prezzo del titolo di stato in relazione ai cambiamenti dei tassi d’interesse sul mercato.

Ad ogni modo, oggi vogliamo parlarvi di un altro particolare rischio, questa volta di tipo normativo, ossia dell’introduzione nel nostro ordinamento delle cosiddette “clausole di azione collettiva (CACs)”. Vediamo meglio di cosa si tratta.

CACs: cosa sono e come funzionano le clausole di azione collettiva

Le clausole di azione collettiva (CACs) sono state introdotte nel nostro ordinamento giuridico con un decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 7 dicembre 2012 (Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 18 dicembre 2012), in attuazione del Trattato sul Meccanismo Europeo di Stabilità, e sono state rafforzate di recente (nel 2022), con la riforma voluta dal Meccanismo europeo di stabilità (MES). Ma di cosa si tratta?

Le clausole di azione collettiva (CACs) sono delle disposizioni contrattuali, grazie alle quali lo Stato può, in casi estremi, chiedere agli obbligazionisti di modificare i termini di pagamento di un titolo.
Le CACs sono state introdotte nel 2013, in seguito alla crisi del debito sovrano che ha colpito Paesi come la Grecia, l’Italia, la Spagna e il Portogallo. L’obiettivo è quello di creare certezze normative e di semplificare l’eventuale processo di rinegoziazione del debito, evitando il rischio di default o di uscita dall’euro.
Ad ogni modo, queste clausole riguardano solamente i titoli di Stato con durata superiore ai 12 mesi:

  • Buoni del Tesoro Poliennali, inclusi i BTP Valore e i BTP Italia;
  • Certificati di Credito del Tesoro (CCT);
  • zero-coupon (CTZ).

Sono invece esclusi da questa normativa tutti i Titoli di Stato con scadenze inferiori ai 12 mesi, come i BOT (buoni ordinari del Tesoro), nonché i Titoli, di qualsiasi durata, emessi prima del 1° gennaio 2013.

Come funzionano le CACs

Le CACs prevedono che lo Stato che ha emesso un’obbligazione possa chiedere agli obbligazionisti di accettare delle modifiche ai termini di pagamento del titolo, quali:

  • il taglio del valore nominale del bond (“haircut”), che comporta un rimborso inferiore al 100%;
  • la riduzione delle cedole, quindi una minore remunerazione periodica;
  • l’allungamento delle scadenze (“roll-over”), ossia una maggiore durata dell’investimento;
  • il cambio di valuta di denominazione dei titoli, che comporta un rischio di cambio;
  • la modifica delle condizioni sugli obblighi di pagamento dell’emittente, che in generale comporta una maggiore flessibilità per lo Stato.

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Ad ogni modo, è importante sottolineare che affinché queste modifiche siano possibili, è necessario che siano approvate con una votazione da parte degli stessi obbligazionisti. In tal senso, le CACs possono essere di due tipi: “doppio ramo” o “singolo ramo”.

Clausole Doppio ramo

Le CACs doppio ramo prevedono una doppia votazione: una dall’assemblea degli obbligazionisti in possesso dei singoli titoli e una dall’assemblea composta da tutti gli obbligazionisti in possesso dei titoli oggetto della ristrutturazione. La prima votazione serve a verificare il consenso dei detentori di ciascun titolo, mentre la seconda votazione serve a verificare il consenso complessivo dei detentori di tutti i titoli coinvolti. Perché le modifiche siano valide, è necessario che siano raggiunte delle maggioranze qualificate, sia a livello di singolo titolo che a livello aggregato. Le soglie di maggioranza possono variare a seconda dei casi, ma in generale sono fissate al 75% per la prima votazione e al 66,67% per la seconda votazione.

Clausole singolo ramo

Le CACs singolo ramo prevedono una sola votazione, da parte dell’assemblea composta da tutti gli obbligazionisti in possesso dei titoli oggetto di ristrutturazione. Perché le modifiche siano valide, è necessario che sia raggiunta una maggioranza qualificata, fissata al 75%. Le CACs singolo ramo sono state introdotte dal 2022, in seguito alla riforma del MES, e hanno lo scopo di snellire e semplificare il processo di ristrutturazione del debito, evitando il rischio di blocco da parte di una minoranza di obbligazionisti.

Vantaggi e gli svantaggi di questo strumento

Per lo Stato emittente, la possibilità di rinegoziare il debito in modo ordinato e sostenibile è sicuramente un vantaggio. Grazie alle CACs, infatti, è possibile ottenere una maggiore flessibilità finanziaria, in modo da evitare un possibile default o l’uscita dall’euro. Da questo punto di vista, il vantaggio è anche degli investitori, i quali hanno la possibilità di partecipare al processo di ristrutturazione del debito, evitando la perdita totale del capitale.

D’altro canto, il rischio per lo Stato emittente è quello di perdere la fiducia dei mercati e di dover pagare delle cedole ancor più elevate per finanziare il nuovo debito. Gli obbligazionisti, invece, potrebbero essere costretti a subire i nuovi termini contrattuali, sicuramente meno favorevoli.

Insomma, con l’introduzione di queste clausole, lo Stato si è dotato di uno strumento con il quale, in caso di difficoltà, può esimersi dal pagamento di parte delle cedole promesse ai propri debitori o comunque di chiedere la modifica dei termini contrattuali al fine di evitare il default finanziario. Un’arma a doppio taglio, sia per gli emittenti che per gli obbligazionisti. Di certo, i tanto apprezzati BTP degli ultimi tempi non sono poi così sicuri come si crede. Del resto, stiamo sempre parlando di uno Stato tra i più indebitati d’Europa e non solo. Il rischio di attivazione di queste CACs non deve essere sicuramente ignorato o sottovalutato.

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