Cosa è il Quantitative Tightening in arrivo a marzo? E perché potrebbe essere un guaio per i conti pubblici italiani?
Dopo circa 14 anni di Quantitative Easing, è giunta l’ora per la BCE di cambiare rotta, e anche in modo drastico.
Come tutti ormai sappiamo, le principali banche centrali stanno adottando delle politiche monetarie restrittive nel tentativo di riportare il tasso d’inflazione al livello obbiettivo del 2% circa. Già da qualche mese abbiamo assistito a dei costanti aumenti dei tassi d’interesse. Adesso la BCE vuole forzare la mano attivando lo strumento del Quantitative Tightening, che sarà avviato già a partire dal prossimo mese. Ma di cosa si tratta? Perché potrebbe essere una notizia negativa soprattutto per i conti pubblici italiani? Cerchiamo di capire meglio cosa sta succedendo.
Indice
Quali sono gli obbiettivi della BCE e cosa può fare per raggiungerli?
Il principale obbiettivo della Banca Centrale Europea è quello di mantenere la cosiddetta “stabilità dei prezzi”, che ovviamente riguarda l’inflazione. Un’inflazione che nell’ultimo periodo è schizzata alle stelle. Le cause le conosciamo: guerra in Ucraina, aumento del costo dell’energia, precedenti politiche monetarie particolarmente aggressive per contrastare gli effetti economici negativi dell’emergenza sanitaria del coronavirus.
L’obiettivo di stabilità dei prezzi stabilito dalla BCE si raggiunge con un tasso di inflazione pari al 2 per cento nel medio periodo, che rappresenta un livello che non comporta un costo troppo elevato per l’economia e, allo stesso tempo, garantisce un adeguato margine di sicurezza contro il rischio di deflazione.
La politica monetaria della BCE, dunque, è improntata al raggiungimento di questo target e lo fa attraverso l’attuazione di una determinata politica monetaria. Spiegato in parole semplici, per diminuire l’inflazione quando è troppo alta (o viceversa) deve far leva sulla cosiddetta “massa monetaria” presente in una economia, e lo stiamo vedendo proprio in questi giorni.
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La BCE, infatti, al fine di contrastare l’aumento dei prezzi ha avviato una politica monetaria restrittiva, continuando ad aumentare i tassi d’interesse. La ricetta della Lagarde, lo diciamo subito, sta già funzionando. E ci mancherebbe. Il problema è che siamo ancora troppo lontani dall’obbiettivo del 2%.
Anche per questo motivo, la stessa Banca Centrale ha deciso di attivare un altro strumento di politica monetaria per diminuire la moneta presente nell’economia. Stiamo parlando proprio del “Quantitative Tightening”. Vediamo meglio di cosa si tratta.
Cos’è il Quantitative Tightening e quando sarà avviato?
Come abbiamo già detto, per ridurre l’inflazione la BCE attiverà a marzo il cosiddetto “Quantitative Tightening. Si tratta di uno strumento di politica monetaria pensato per ridurre la quantità di denaro in circolazione nel sistema finanziario attraverso la vendita di titoli di Stato e altri asset finanziari che attualmente fanno parte del portafoglio della stessa BCE. Per intenderci, stiamo parlando dell’opposto del “Quantitative Easing”, promosso ben 14 anni fa dall’allora presidente della BCE Mario Draghi, ovviamente per far fronte a una stagione economica molto diversa rispetto a quella odierna.
La stretta, dunque, inizierà a marzo 2023 a un ritmo graduale. Nel documento ufficiale BCE del 2 febbraio si legge quanto segue:
“Il Consiglio direttivo intende continuare a reinvestire integralmente i pagamenti principali dei titoli in scadenza acquistati nell’ambito di APP fino alla fine di febbraio 2023. Successivamente, il portafoglio APP si ridurrà a un ritmo misurato e prevedibile, poiché l’Eurosistema non reinvestirà i pagamenti di capitale da titoli in scadenza. Il calo ammonterà in media a 15 miliardi di euro al mese fino alla fine di giugno 2023 e il suo ritmo successivo sarà determinato nel tempo”.
Quantitative Tightening, guai in vista per gli italiani?
Il Quantitative Tightening, ovviamente, non è una buona notizia, soprattutto per noi italiani. Venendo a mancare i massicci acquisti dei nostri titoli di stato da parte della BCE, gioco forza, gli stessi potranno essere acquistati solamente da istituti privati (banche ecc.) o dalle persone fisiche, ma probabilmente bisognerà offrire dei tassi d’interesse più appetibili.
In altre parole, proprio grazie agli acquisti effettuati dalla stessa Banca Centrale, lo Stato italiano ha potuto finanziare il proprio debito pagando degli interessi bassissimi, molto vicini allo zero. Adesso, il costo per questo rifinanziamento è diventato decisamente più alto. Per fare un esempio, i redimenti dei BTP sono attualmente ai massimi da 10 anni.
Da ora in avanti sarà cruciale l’eventuale apporto da parte degli investitori retail, soprattutto delle famiglie italiane. Il nuovo esecutivo, dunque, punta a emettere nuovi titoli obbligazionari pensati per i risparmiatori privati. Anche per questo, finalmente, le obbligazioni (governative e corporate) stanno tornando ad avere un senso all’interno dei portafogli degli italiani.
Proprio dal prossimo mese (ne avevamo già parlato) il tesoro collocherà un altro interessante BTP Italia indicizzato all’inflazione, con scadenza a 5 anni. Titolo che, ne siamo certi, sarà sicuramente apprezzato da molte famiglie italiane.